venerdì 27 novembre 2009

CALENDARIO ESCURSIONI ZULEIMA

CALENDARIO ESCURSIONI SETTIMANALI
Valido fino al 31 marzo 2009


GIOVEDI: Da Ragusa Ibla a Cava d’Ispica

Il percorso ad anello all’interno della cava è lungo 5-6 km,
con un dislivello massimo di 50 metri e della durata di circa 2-3 ore
Per saperne di più vai in Escursioni e Attività
all’interno del sito www.zuleima.org oppure scrivici a info@zuleima.org

SABATO: Da Ragusa Ibla a Cava Misericordia

Il percorso è lungo 7-8 km, con un dislivello massimo di 200 mt,
della durata di circa 4-5 ore
Per saperne di più vai in Escursioni e Attività
all’interno del sito www.zuleima.org
Oppure scrivici a info@zuleima.org

DOMENICA: Da Ragusa Ibla a Cava Santa Domenica
Il percorso è lungo 5-6 km, con un dislivello massimo di 200 metri,
della durata di circa 3 ore
Per saperne di più vai in Escursioni e Attività
all’interno del sito www.zuleima.org
Oppure scrivici a info@zuleima.org

Le suddette passeggiate ed escursioni sono condotte dalle guide ambientali ed escursionistiche dell’Associazione Kalura

giovedì 26 novembre 2009

PHILOSOPHIANA

Chiunque decida di fare un viaggio nella Sicilia centro-meridionale, non si farà scappare una tappa nella Villa romana del Casale di Piazza Armerina, famosa in tutto il mondo per i suoi meravigliosi mosaici. Ben pochi però sanno che a soli 5-6 km di distanza da essa c’è un altro sito archeologico, che è parte integrante della storia di quella famosa villa, identificato con la STATIO[1] PHILOSOPHIANA, descritta nell'Itinerarium Antonini[2].


La contrada Sofiana o Philosophiana si trova in territorio di Mazzarino, ai confini con quello di Piazza Armerina da cui dista non oltre 10 Km, su una spianata di circa 8 ettari, prossima al fiume Nociara - Gela, e coronata da una serie di monti (Monte Navone, Monte Alzacuda, Monte Salteria, Monte Formaggio e Finocchio), da dove nelle giornate limpide è possibile vedere anche l'Etna!

Grazie ad una convenzione stipulata tra la sezione “Litterio Villari” dei Gruppi Archeologici d’Italia di Piazza Armerina e la Soprintendenza di Caltanissetta, il sito di Philosophiana è oggi visitabile contattando il direttore della sezione, il signor Ugo Adamo, che con passione e gentilezza vi farà da guida.

La Statio Philosophiana si data al IV sec. d.C., ma la sua storia inizia qualche secolo prima.
Agli inizi del I secolo d.C. l'imperatore Augusto, con lo scopo di organizzare la raccolta del grano e dell'olio e di riscuotere meglio i tributi sul territorio dell’isola, autorizzò la ristrutturazione e la creazione di alcune città. In questo momento storico venne così fondata una città di grande estensione alla quale probabilmente venne dato il nome di Gela per ricordare l'omonima colonia rodio-cretese, distrutta nel 282 a.C. da Finzia, tiranno di Agrigento. Una parte degli abitanti dell’antica Gela furono fatti prigionieri e trasportati nella città di Licata, altri però riuscirono a scappare verso l’entroterra e lì si stabilirono in villaggi sparsi.

Grazie alla riforma augustea, la nuova città di Gela, nata proprio dall'unione e organizzazione di quegli insediamenti diffusi nell'entroterra alle spalle della costa gelese, divenne uno dei centri più importanti di raccolta e smistamento dei prodotti agricoli verso i porti della costa, sia per la fertilità della terra che per la posizione intermedia lungo la strada tra Catania ed Agrigento. Questa città raggiunse il suo massimo splendore nei primi due secoli dell'impero romano, quando venne realizzato un primo impianto termale, di cui oggi rimangono visibili ben poche tracce, a causa delle trasformazioni successive.

In seguito al cambiamento di ruolo della Sicilia nella vita economica di Roma - le fonti di approvvigionamento di grano si spostarono in Egitto - la nuova città di Gela, così come tante altre città della Sicilia, si andò progressivamente spopolando e perse la sua importanza economica e strategica. Inoltre verso la fine del III secolo (270 - 280 d.C.), la città e una piccola villa di campagna nella zona del casale vennero distrutte, forse da un terremoto.

Nel IV secolo d.C. la vita riprende in quel territorio, ma non fu più ricostruita la città che fu nei primi due secoli dell’impero, l’abitato divenne essenzialmente stazione di servizio, tanto che tra il 320 ed il 330 d.C. venne realizzato un nuovo impianto termale (quello oggi visibile) su quello precedente di età augustea e con un diverso orientamento. La grande città si riduce a piccolo centro, mentre laddove c’era una piccola casa di campagna si costruisce la suntuosa sede del dominus, la famosa Villa romana del Casale.
Dell'impianto termale rimane quasi completamente integra e chiaramente leggibile la struttura di IV secolo, che presenta due ingressi, un’ampia sala d’ingresso, l’apoditherium con due vasche per il pediluvio, il calidarium, tepidarium, frigidarium e piccole stanze di passaggio
Intorno al 365 d.C. un terremoto, documentato in diverse località della Sicilia, distrusse la statio che venne quasi completamente abbandonata
Alla fine del IV - inizi V secolo l'impianto termale di Sofiana subì una profonda trasformazione, legata ad una ripresa dell'attività produttiva. Si realizzarono delle fornaci, e forse più tardi anche una chiesa a due absidi, sopra gli ambienti delle terme. Questa ripresa insediativa del centro si protrasse fino alla metà dell'VIII secolo, quando la conquista araba ne segnò definitivamente il declino, anche se alcune strutture murarie ed alcuni reperti fanno pensare ad una frequentazione almeno fino ad età federiciana ed oltre (documentata tra l'altro da monete di Federico II e Guglielmo II).
La zona delle terme ha restituito una grande quantità di reperti: ceramica di facies castellucciana (antica età del Bronzo), di età greca, ma soprattutto romana, nonché bizantina, araba e normanna. Si tratta soprattutto di lucerne, incensieri, boccali, anfore, piatti, anelli e pendenti in argento e bronzo,fibbie in bronzo, aghi in osso. Fra le tipologie ceramiche prevale la sigillata africana.
In una stanza adiacente alla zona termale fu rinvenuto anche un "tesoretto" di circa 300 monete in bronzo coniate tra l'età di Adriano e quella di Costanzo (117 - 361). Sembra che il proprietario, che aveva conservato questo piccolo tesoro, non l'abbia più potuto recuperare in seguito al terremoto del 365 d.C. Sono monete in bronzo abbastanza usurate, di piccoli dimensioni e peso, oggi conservate presso il museo di Gela.
Philosophiana è sostantivo al neutro plurale, come altri nomi di stationes citate nell’Itinerarium Antonini, che definisce la proprietà di un personaggio, che forse, per il tipo di vita che conduceva e per i suoi interessi, veniva chiamato “il Filosofo” ed era lo stesso proprietario della Villa del Casale.
Chiara e Alice di Zuleima saranno felici di accompagnarvi anche nell’entroterra alla scoperta di angoli sconosciuti, attraverso un paesaggio che colorerà i ricordi di un viaggio non proprio usuale


[1] Statio, onis, f. luogo dove si sta, posto, dimora, stazione, soggiorno

[2] Trattasi di un itinerarium adnotatum, non pictum, privo quindi di disegni. Un registro di località e stazioni poste lungo le strade romane con le distanze in miglia romane. Nella forma in cui ci è giunto, l'Itinerarium provinciarum Antonini Augusti, detto anche semplicemente Itinerarium Antonini, sembra essere una compilazione dell'età di Diocleziano, alla fine del III sec. d.C.-inizi IV d.C., basato su materiali essenzialmente databili al regno di Caracalla, agli inizi di quello stesso secolo (l'Antonino nominato nel titolo potrebbe in effetti essere proprio Caracalla, il cui nome ufficiale era quello di Marcus Aurelius Antoninus).





venerdì 20 novembre 2009

Santo Stefano di Camastra:Città Museo

Affacciata sulle stupende spiagge Siciliane:Santo Stefano di Camastra, comune e provincia di Messina, è una delle mete da non sottovalutare per chi viaggia in Sicilia.
Sorge alle pendici della catena montuosa dei Nebrodi e deve la sua attuale ubicazione urbanistica al genio del Duca di Camastra che nel 1683 ottenne dal vice re di Sicilia la licenza di riedificazione dell'attuale sito dopo che un cataclisma idrogeologico aveva completamente distrutto e raso al suolo il vecchio casale.
Di grande interesse urbanistico è la pianta del centro storico: un rombo iscritto in un quadrato.
Le strutture interne all'abitato sono successive alla ricostruzione del paese (1683 e seguenti).
Una piccola chiesa, un antico cimitero, un viale di orgogliose palme, frammenti di una storia antica, piccole cose che vogliono essere un patrimonio indelebile.
Una Città Museo con opere antiche e moderne; architettoniche , pittoriche, scultoree. La città si mostra quasi in tutte le parti contrassegnata da decori pubblici alcuni dei quali monumentali nell'impianto:un connubio indissolubile tra cultura urbana e arte della ceramica.

Caltagirone città della Ceramica siciliana

Caltagirone, sicuramente uno dei centri piú suggestivi del sudest siciliano, é una cittá imprescindibile durante un viaggio in sicilia, sia per il suo barocco che per le sue ceramiche, famose in tutta italia!
Testimonianze archeologiche del periodo preistorico, attestano la presenza di un centro abitato già nell'antica età del bronzo.
Ellenizzato tra il VII e il VI sec. a.c., continuò a vivere sotto la dominazione romana, bizantina ed araba, durante la quale assunse il nome odierno indicante la sua natura di "fortezza delle giare", per la sua produzione di ceramica.
Nel 1090 si consegnò al Conte Ruggero il Normanno che per riconoscenza iniziò la sua lunga serie di concessioni feudali e di privilegi che la resero ricca e prospera durante tutto il Medio Evo e sino al XVII sec.
Magnifica per prestigio ed opulenza, fu devastata dal terremoto del 1693, ma risorse suscitando l'ammirazione dei viaggiatore del '700 e dell'800 per la sua aristocrazia elegante.
Nel '900 rimase importante e singolare città, laboratorio significativo di interessanti esperienze politiche di rilevo nazionale.
Situata su un' altura del rilievo ereo-ibleo, a dominio delle grandi e fertili pianure di Gela e Catania, Caltagirone offre un'immagine di opulenza e intatto decoro architettonico e urbanistico, ricca di monumenti e palazzi che ricordano gli antichi fasti.
Cuore del centro storico sono le piazze del Municipio e Umberto I, già "Della Loggia" e "Malfitana" da cui si dipartono la splendida Scala di Santa maria del Monte, la Via Luigi Sturzo, la Via Vittorio Emanuele e la Via Roma, risalenti all'impianto rinascimentale.
Da Marzo a Settembre, laCittà offre notevoli eventi e manifestazioni caratterizzati dalle componenti di cultura, storia, arte e religiosità.
La Pasqua, con la rappresentazione della "Passione" e la "Giunta" che attira l'attenzione dei turisti e la corale partecipazione cittadina.
A Maggio, la Scala di Santa Maria del Monte si copre di un arazzo colorato di piante e fiori in onore della Madonna di Condomini e diventa palcoscenico per la sfilata di moda internazionale:"Ceramiche, fiori e moda".
A Luglio, in onore di San Giacomo, patrono della città, la stessa si illumina,
secondo una secolare tradizione, di centinaia di lucerne ad olio colorate che formano ogni anno un diverso disegno fiammeggiante.
Infine, nel periodo natalizio, Caltagirone diventa la città dei presepi con decine di esposizioni di manufatti, opera dei propri celebri ceramisti.
Infatti Caltagirone conserva il proprio patrimonio di esperienza artigianale e la memoria storica della propria secolare tradizione attraverso l'istituzione della Scuola e del Museo della Ceramica, che hanno difeso e rilanciato la Ceramica Calatina tutt'ora genuinamente e esclusivamente legata alla capacità manuale ed allo spirito creativo degli artigiani, tornati ad essere il più numeroso e qualificato settore produttivo di Caltagirone che, così ancora oggi, può definirsi "Città della Ceramica".

martedì 17 novembre 2009

Archeologia Rupestre della Sicilia sudorientale


Il paesaggio della Sicilia sud-orientale è in gran parte caratterizzato dai Monti Iblei e dalle cave iblee, canyons che solcano gli altopiani nelle cui profondità scorrono fiumi un tempo navigabili. Oggi, seguendo abili guide escursionistiche si possono seguire i loro letti, a piedi e a tratti anche a nuoto!




La bianca pietra calcarea affiora tra la vegetazione e rende il paesaggio tagliente, “duro”, da mozzafiato.
Spostandosi da una località all’altra fra gli altopiani iblei, capita spesso di vedere in lontananza le pareti rocciose delle cave bucherellate come alveari di pietra, e subito viene da dire ad alta voce: “Guarda là!!Ma che cosa sono??” Le tombe a grotticella dell’età del Bronzo sono fra le testimonianze archeologiche più sorprendenti che proiettano il visitatore nella protostoria, in un’atmosfera che in pochi altri luoghi d’Italia è possibile ritrovare.
L’antichissima tradizione di abitare e seppellire in grotta è legata sia alle caratteristiche geologiche di questo territorio sia alla necessità di difendersi dagli assalti degli animali selvatici e da aggressioni nemiche. Le grotte naturali e artificiali sono state abitate e riutilizzate nei millenni fino ai tempi moderni e contemporanei con scopi diversi, attraverso un duro lavoro di scavo e di adattamento.
Molti siti rupestri, specialmente quelli sotterranei, in epoca greco-romana furono utilizzati per pratiche religiose, in particolare per il culto delle acque e delle sorgenti.
Dopo la caduta dell’impero romano, si ritorna a vivere in grotta, si costruiscono nuovi insediamenti, si allargarono e si riadattarono quelli esistenti, sorsero dei veri e propri agglomerati rupestri che poi nel periodo arabo si chiameranno casali e prenderanno il nome delle famiglie che vi abitarono. Molti di questi casali conservano nei loro nomi l’etimologica araba, segno che furono abitate da intere famiglie per lunghi periodi. Il villaggio-casale di Mendola o Mende (a pochi chilometri dall’attuale Palazzolo) fu chiamato Rahalbaranis; Rahalbalata i Ddieri di Bauly etc.
L’abitare in grotta non fu una prerogativa solo delle popolazioni colpite da calamità naturali, dalle conseguenze delle occupazioni straniere o dalle guerre, ben presto ad esse s’affiancarono i monaci che cercavano l’ isolamento. Molti di questi erano d’origine orientale, istituirono numerosi cenobi con regole e vita comunitaria o eremi, conducendo un’esistenza solitaria in grotte e allestendo luoghi di culto, spesso adattando ambienti rupestri precedenti, comprese tombe e pozzi d’acqua. Scavarono imponenti complessi monastici di dimensioni anche notevoli (vedi San Pietro in Buscemi, San Marco, Santa Lucia di Mendola etc.), distruggendo molte volte le catacombe del periodo precedente paleocristiano. Le chiese rupestri furono affrescate con immagini di vita quotidiana, di Santi, della Madonna e del Cristo. Attorno a questi centri monastici, si sviluppò una notevole attività religiosa che attirò fedeli dai villaggi vicini. I monasteri divennero quindi un punto di riferimento per la popolazione, sia ai fini alimentari, culturali, religiosi e di difesa comune.
Con Federico II di Svevia, e il conseguente periodo di parziale tranquillità e pace, quasi tutta la popolazione ritorna a vivere le città, sicuramente grazie all’opera di costruzione e ricostruzione voluta da Federico II. Fu una rinascita dell’intelletto e della genialità, un richiamo verso il miglioramento di tutte le attività umane
Le abitazioni rupestri furono gradualmente abbandonata, così come i centri collinari isolati e difficilmente raggiungibili. Rimasero solo i religiosi e nelle vicinanze pochi nuclei famigliari dediti alla pastorizia e all’agricoltura, che continuarono a vivere in grotta fino ad età moderna, in alcuni paesi del siracusano e del ragusano fino al 1950.
Poi, motivazioni diverse portarono alla chiusura dei monasteri, e molti ordini monastici si trasferirono nelle città e nei paesi vicini in fase di ricostruzione, sperduti nelle montagne degli Iblei. La diminuzione delle vocazioni alla dura vita monastica portò alla chiusura anche degli eremi. Tutto tornò nell’abbandono e ben presto l’incuria dell’uomo unita agli agenti atmosferici, causarono la scomparsa dei siti rupestri, alcuni dei quali oggi si conservano solo nella toponomastica.
Negli anni ‘50 la riforma agraria del dopo guerra ha causato la fine di una civiltà unica nel suo genere in Italia durata oltre 5.000 anni: l’abitare in grotta. Scompaiono, inghiottiti dall’ignoranza umana e dalla mancata tutela delle istituzioni: borghi, abbeveratoi, cisterne d’acqua, torri d’avvistamento, monumenti, abitazioni. La sorte più inesorabile la subiscono le chiese sparse fra i Monti Iblei, nel siracusano e ragusano Le chiese e le catacombe vengono adibite a stalle oppure inglobate all’interno delle masserie e utilizzate come deposito di masserizie. Si distruggono gli affreschi nelle pareti, gli altari smantellati e riutilizzati come pietre di riempimento. Anonimi contadini, ormai divenuti proprietari con la riforma agraria, per la maggior parte ignari dello scempio che stavano apportando, distruggono tutto e trasformano le “sacre pietre” in muri a secco al fine di delimitare le loro proprietà

Nonostante le innumerevoli e definitive perdite di questo patrimonio, ancora nulla è perduto del tutto, perché sono ancora numerosi i siti che si possono visitare e salvaguardare, basterebbe citarne uno per tutti, la meravigliosa necropoli di Pantalica!








giovedì 12 novembre 2009

La Catacomba delle Trabacche

Forse non tutti sanno che disseminati e in gran parte nascosti fra gli altopiani iblei, parte sudest della Sicilia, vi sono numerosi cimiteri ipogeici e necropoli sub-divo (a cielo aperto), antiche e sorprendenti testimonianze dell’esistenza di una vasta rete di insediamenti rurali di età tardo-romana (IV-V secolo d.C.).


Una di queste testimonianze è la catacomba delle Trabacche, che si trova a circa 10 km dal centro di Ragusa, su un costone naturale nella valle del Buttino, in contrada Cento Pozzi, ripulita e riaperta al pubblico nel 2007 ed ora visitabile su richiesta e con guida (chi scrive, Chiara di Zuleima, è una guida della catacomba). Dei suddetti insediamenti, che dobbiamo immaginare sparsi nella campagna ragusana ancora al momento della conquista araba (VIII secolo d.C.), si sono conservate solo le necropoli:ipogei, catacombe e fosse sub-divo. La catacomba delle Trabacche era già conosciuta nel XVIII secolo, famoso è un disegno del viaggiatore francese Jean Houel, che ne ritrae l’interno nella sua opera Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari (Paris 1787, Tavola CCVIII).
Appena si entra non si possono non notare le due sepolture monumentali ricavate nella roccia al centro delle due camere sepolcrali che costituiscono la catacomba. In un antico dialetto locale trabacche significa “baldacchino”, “tenda” e infatti le due sepolture monumentali hanno una copertura a baldacchino realizzata con pilastrini raccordati da archetti ritagliati nella roccia!
Vi consigliamo di venire a vederla: ne vale la pena!!